La disattenzione e iperattività diventano un disturbo quando queste caratteristiche sono predominanti e invalidanti. Nella società di oggi può capitare sempre più spesso di vedere bambini disattenti e iperattivi, alla ricerca costante di nuovi stimoli, incapaci di stare nella noia, nel non fare nulla. Quindi sempre più bambini hanno un livello di disattenzione e/o iperattività che può considerarsi un disturbo. Questo perché la società di oggi è una “società del fare”, come se non ci fosse più tempo per ammirare un panorama, fare una passeggiata e inventare giochi creativi dal nulla come passatempo. Con l’avvento di internet, degli smartphone ecc, siamo tutto il giorno connessi a un mare di informazioni, ma sempre meno connessi con noi stessi e il nostro mondo interno.
In questo corri corri generale, come adulti siamo sempre più stressati e accelerati e di riflesso lo sono anche i nostri figli. La quantità di stimoli che un bambino di oggi deve elaborare è molto maggiore rispetto a soli 30 anni fa, quindi anche i nostri piccoli diventano sempre più disattenti e agitati. Un tempo eravamo bombardati da meno stimoli e abituati a fare una cosa alla volta. Il tempo quindi in cui eravamo coinvolti in un compito – in termini di attenzione sostenuta, focalizzata in un compito – era di certo maggiore rispetto a quanto ci possa essere ora. È di certo un cambiamento epocale, quindi una variabile legata all’ambiente che, insieme ad altre, può facilitare l’insorgenza di un vero e proprio disturbo ma da sola non è sufficiente.
La disattenzione e iperattività diventano un disturbo (DDAI, o ADHD secondo l’acronimo inglese) quando c’è la compresenza di variabili biologiche/temperamentali e ambientali.
Le variabili temperamentali
Le variabili temperamentali riguardano una serie di caratteristiche che abbiamo in dotazione sin dalla nascita, più nello specifico quando parliamo di bambini con ADHD ci riferiamo all’insieme di differenze individuali nella reattività emozionale, cognitiva e comportamentale e nelle strategie regolative usate per modulare questa reattività. Per reattività si intende il grado di eccitabilità e la capacità di rispondere a certi stimoli. Utilizzando come cornice di riferimento la teoria del temperamento di Rothbart et al (2001) i bambini con ADHD hanno:
- Alti livelli di emozionalità negativa, quindi sono facili al pianto e ai turbamenti e reagiscono agli stimoli fisici o alle situazioni spiacevoli con forti reazioni di rabbia, paura e disagio;
- Alti livelli di emozionalità positiva, quindi sono espansivi, turbolenti e piuttosto avventati nelle scelte, nei comportamenti e nell’affrontare situazioni nuove (impulsività), alla ricerca di stimoli marcati e che esprimano in modo marcato le loro emozioni;
- Bassi livelli di controllo, quindi sono poco scrupolosi e mostrano un’incapacità nel dare la priorità a stimoli non rilevanti in quel momento, di rilevare errori e pianificare.
Che cos’è l’ADHD?
La disattenzione e/o l’iperattività diventano un disturbo quando risultano particolarmente deficitarie. L’ADHD secondo la classificazione nosografica da DSM* rientra tra i disturbi del neurosviluppo con esordio in età evolutiva caratterizzato da livelli invalidanti di disattenzione e/o iperattività-impulsività.
- La disattenzione: l’incapacità di agire selettivamente sull’attività da svolgere, inibendo l’interferenza di stimoli estranei o concorrenti, non causata da un atteggiamento di sfida o da mancanza di comprensione. Quest’incapacità si traduce in: facile distraibilità, apparente mancanza di ascolto, inconcludenza, perdita di oggetti, mancanza di perseveranza, disorganizzazione ecc;
- L’iperattività: l’eccessiva attività motoria o verbale afinalistica e non adeguata al contesto, come per esempio l’incapacità di stare seduto nella sedia, il correre dappertutto, tamburellare con le dita o con la gamba, estrema loquacità;
- L’impulsività: la tendenza a rispondere alle stimolazioni in modo eccessivamente rapido e non adeguato alle situazioni o alle richieste. Nello specifico si riferisce ad azioni affrettate che avvengono all’istante, senza premeditazione, potenzialmente rischiose poiché non vengono considerate le conseguenze nel medio-lungo termine. È abbastanza esplicativo di questa caratteristica:
- il cosiddetto “tutto e subito”, rimarcando quindi il bisogno di una ricompensa nell’immediato essendo incapaci di posticipare la gratificazione in un secondo momento.
- il detto “meglio un uovo oggi che una gallina domani”, vivendo costantemente nel presente, tutto ciò che riguarda l’attesa di una futura ricompensa, più vantaggiosa rispetto a quella odierna, non viene assolutamente considerata.
Durante l’infanzia, l’ADHD si sovrappone frequentemente ai cosiddetti “disturbi esternalizzanti”, come il disturbo oppositivo provocatorio e il disturbo della condotta, così come ai disturbi specifici dell’apprendimento e alla disgrafia.
Quali sono gli esiti?
Se non trattato questo disturbo nel tempo si può attenuare ma spesso continua a persistere fino all’età adulta con conseguente compromissione del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo.
Che cosa fare quando disattenzione e iperattività diventano un disturbo?
E’ sempre bene confrontarsi con un professionista per poter capire come meglio aiutare il bambino e il sistema familiare e scolastico. in generale si è visto che gli initerventi migliori avvengono a più livelli: piscoeducazione alla scuola e famiglia e un sostegno alla genitorialità ai genitori. Per un approfondimento è possibile leggere il prossimo articolo su come intervenire.
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*DSM-V: manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (American Psychiatric Association)