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Il mito della caverna tra realtà e finzione

il mito della caverna tra realtà e finzione

Il mito della caverna è una delle allegorie più famose appartenenti all’opera “La Repubblica” di Platone. Per quanto datato è qualcosa ancora di estremamente attuale! Quanto ci di ciò che percepiamo o pensiamo di percepire è “realtà”? Quanto potremmo definire finzione? Si apre qui un’argomentazione davvero molto complessa. Lungi dal voler addentrarmi in questioni filosofiche, in questa trattazione mi limiterò a esplorare il filtro percettivo che poniamo nella lettura della realtà.

Di cosa parla il mito della caverna?

In questo mito, Platone descrive un gruppo di prigionieri che vive in una caverna buia, legati in modo tale da poter vedere solo il muro di fronte a loro. Dietro di loro si trova un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri ci sono dei marionettisti che proiettano ombre sul muro della caverna utilizzando oggetti reali. I prigionieri, quindi, osservano solo queste ombre e credono che ciò che vedono sia la realtà.

Un giorno, uno dei prigionieri riesce a liberarsi e esce dalla caverna. Inizialmente, la luce del sole lo acceca e lo fa soffrire, ma col tempo, si abitua alla luce e comincia a vedere le cose per quello che sono: gli oggetti reali, il mondo esterno, e alla fine il sole, che rappresenta la verità e la conoscenza suprema. Quando il prigioniero torna nella caverna per informare gli altri della sua scoperta, questi rifiutano di credergli e lo deridono, preferendo rimanere ancorati alla loro visione limitata della realtà.

Il mito della caverna serve a illustrare le teorie di Platone sulla conoscenza, l’ignoranza e la natura della realtà. La caverna rappresenta il mondo sensibile e illusorio, mentre il mondo esterno simboleggia il mondo delle idee, dove si trova la vera conoscenza. Platone sostiene che il cammino verso la vera conoscenza richiede un processo di liberazione, riflessione e accettazione delle verità più profonde.

Dal “mito della caverna” a “The Matrix”

Nel tempo molti hanno affrontato queste tematiche sotto una luce diversa, rimaneggiando di fatto gli stessi contenuti. Per esempio, il mito della caverna di Platone e il film “The Matrix” presentano entrambi tematiche simili riguardanti la realtà, la percezione e la liberazione dall’ignoranza. Ecco alcuni paralleli tra i due:

  1. Illusioni vs. Realtà:
    • Nel mito della caverna, i prigionieri sono incatenati e possono vedere solo le ombre proiettate sulle pareti della caverna, che rappresentano una realtà distorta e limitata.
    • In “The Matrix”, gli esseri umani vivono in una realtà simulata, mentre i loro corpi sono mantenuti in uno stato di stasi. La Matrix rappresenta una realtà artificiale che distorce la vera esistenza.
  2. Liberazione e Scoperta:
    • Platone descrive il viaggio di un prigioniero che riesce a liberarsi e scoprire il mondo esterno. Questa scoperta rappresenta l’acquisizione della conoscenza e della verità.
    • In “The Matrix”, Neo è scelto per essere liberato dalla Matrix e scoprire la verità sulla sua esistenza. La sua strada verso la liberazione è simile a quella del prigioniero platonico.
  3. Resistenza alla Verità:
    • Nel mito della caverna, il prigioniero che scopre la verità è inizialmente riluttante a tornare indietro e spiegare agli altri ciò che ha visto. Gli altri prigionieri resistono all’idea di una realtà diversa, temendo l’ignoto.
    • Analogamente, in “The Matrix”, quando Neo cerca di spiegare la verità ad altri, incontra scetticismo e paura. La maggior parte delle persone preferirebbe rimanere nell’illusione piuttosto che affrontare la dura realtà.
  4. Filosofo e L’Illuminazione:
    • Nel mito di Platone, il filosofo è colui che ha visto la luce e ha il compito di tornare nella caverna per guidare gli altri verso la verità.
    • In “The Matrix”, Neo è simile a un filosofo, poiché diventa il “prescelto” e cerca di guidare gli altri verso la comprensione della verità e della realtà, affrontando forze che cercano di mantenere il sistema.
  5. Simbolismo della Luce:
    • La luce nel mito di Platone rappresenta la conoscenza e la verità; il prigioniero che esce dalla caverna è abbagliato dalla luce, simbolo della comprensione profonde.
    • In “The Matrix”, la luce (e il suo opposto, il buio) gioca un ruolo importante nell’illustrare la differenza tra l’illusione e la realtà, con momenti di “illuminazione” quando i personaggi apprendono la verità.

In conclusione, sia il mito della caverna che “The Matrix” esplorano la battaglia tra realtà e illusione, l’importanza della conoscenza e il potere trasformativo della liberazione dalla consapevolezza limitata. Entrambi offrono una riflessione profonda sulla condizione umana e sulla ricerca della verità.

Come distinguere la realtà dalla finzione?

Beh, non è così semplice! Platone nella sua opera, a mio avviso, in maniera davvero geniale riesce a rendere in maniera molto suggestiva le difficoltà che si incontrano nel raggiungere la “conoscenza”. O meglio, nel ripulire il filtro percettivo che utilizziamo per vedere la realtà. In verità però, essere completamente scevri da questo filtro non è del tutto possibile. C’è sempre una quota di soggettività –insita in ognuno di noi in quanto esseri umani con un bagaglio di conoscenze precostituite ed esperienze – che condizionerà ciò che osserviamo. Tali conoscenze ed esperienze inevitabilmente finiranno col plasmare il nostro modo di vedere il mondo circostante.

Platone ci dona uno spaccato di realtà che non dista molto dallo stato attuale delle cose. Nonostante l’evoluzione avvenuta su molti campi, anche a livello di pensiero; ad oggi ci troviamo ancora legati a quelle catene, siamo ancora schiavi delle nostre proiezioni. C’è chi più e c’è chi meno! I più vivono nella loro gabbia mentale in maniera del tutto inconsapevole. Come se ogni giorno ripetessero la stessa identica giornata, senza variazioni, senza domandarsi se fosse un qualcosa di già vissuto.

 Mettiamo in atto costantemente gli stessi copioni, frutto dei nostri apprendimenti, delle nostre ferite traumatiche e dei nostri schemi di comportamento. Finiamo per aspettarci dagli altri sempre le stesse cose che vanno a confermare l’idea che ci siamo fatti di noi stessi. Se l’altro si allontana ci sentiamo rifiutati. Quando l’altro non elogia ciò che facciamo non ci sentiamo visti e riconosciuti. Se l’altro è preso da altro non ci sentiamo ascoltati e abbastanza importanti per lui/lei. Potrei continuare all’infinito, ciò che vediamo dell’altro non ha a che fare con l’altro ma ci parla di noi!

Distinguere quindi la realtà dalla finzione; o meglio, dal castello di proiezioni che attribuiamo agli altri può essere il lavoro di una vita. Non esiste un interruttore o una liberazione che possiamo definire completa. I buddisti chiamano illuminazione, un processo molto simile, ma di fatto si raggiunge, nel migliore dei casi, dopo anni di lavoro su sé stessi. Senza porsi obiettivi così ambiziosi e difficilmente raggiungibili, iniziamo a rivolgere l’attenzione dentro di noi, incominciando dalle cose che ci fanno più soffrire: cosa ci dicono di noi?

Per saperne di più e sperimentare in primo piano la presenza di questa gabbia percettiva puoi partecipare all’evento in programma a breve: https://www.centroterapiacognitivak23.com/la-gabbia-mentale-e-lora-daria/

Sono la Dott.ssa Sara Appoloni, psicologa, psicoterapeuta cognitivo comportamentale e mediatrice familiare. Terapeuta EMDR. Istruttrice di interventi basati sulla mindfulness in formazione ed esperta in mindfulness psicosomatica. Membro del direttivo regionale della Società Italiana Terapia Comportamentale e Cognitiva (2018-2021). Offro colloqui di psicoterapia e sostegno psicologico a bambini, adolescenti, adulti e coppie, sostegno alla genitorialità e mediazione familiare. Disponibile anche per la terapia online.

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