Quali sono i fattori di rischio e di protezione?
Quando si parla di trauma, le persone si riferiscono spesso ad un “prima” e a un “dopo” nella loro esistenza. A qualcosa che ha segnato un profondo cambiamento di vita: il trauma è un evento spartiacque.
La parola “trauma” deriva dal greco e rimanda al concetto di frizione, ferita, a qualcosa che lascia un segno, una cicatrice. Questo evento spartiacque è essenzialmente generato da quello che il grande psichiatra dell’800 Pierre Janet chiamava “stimolo eccessivo”. Per stimolo eccessivo si intende qualcosa di terribile che ci capita all’improvviso e che ci fa sentire sopraffatti e impotenti, incapaci di reagire e di affrontare la situazione.
Appare particolarmente importante distinguere tra il concetto di “evento traumatico” e di “condizione traumatica”.
Secondo Van der Kolk (1996) l’evento traumatico è inteso come un evento stressante dal quale non ci si può sottrarre. In qualche modo sovrasta la capacità di resistenza dell’individuo. Invece quando si parla di condizioni traumatiche si fa riferimento a situazioni protratte di minaccia incontrollabile. Quando si verificano in età evolutiva genererebbero i cosiddetti “sviluppi traumatici” (Liotti e Farina, 2011) portando a conseguenze psicopatologiche sulla persona a lungo termine.
Qualche statistica
Purtroppo, la probabilità di affrontare prima o poi nella nostra vita un’esperienza traumatica appare piuttosto alta: addirittura tra il 40 e il 75% (Briere, 1997).
Perché non tutte le persone che subiscono dei traumi sviluppano disturbi di rilevanza psicologica?
Se non sempre i traumi comportano effetti patologici, dobbiamo riconoscere l’importanza di una serie di fattori: fattori di rischio e fattori protettivi. I quali appaiono legati sia la tipo di trauma subito sia alla storia dell’individuo, alle sue caratteristiche di personalità, all’ambiente, alla qualità del sostegno ricevuto e alla presenza o meno di alcuni fattori sociali e culturali.
Fattori di rischio legati al tipo di trauma
Tra i primi fattori da considerare ci sono ovviamente quelli legati al tipo di trauma, alla sua magnitudo. Alcuni stimoli hanno delle caratteristiche particolarmente difficili da elaborare, quanto più l’evento è improvviso, intenso, non controllabile, quanto più saranno maggiori le conseguenze emotive.
Fattori di rischio e di protezione legati alla persona che subisce il trauma
Tra i primi fattori, innanzitutto il tipo di lavoro. Chi opera in servizi di emergenza è soggetto a un carico di stress a volte davvero imponente.
Anche la situazione di vita in cui si trova chi rimane vittima di un trauma ha la sua importanza nel determinare l’intensità delle sue reazioni. Lo stress può infatti accumularsi, fino a superare un limite, diverso per ognuno, oltre il quale compaiono intensa sofferenza, sintomi psicopatologici, reazioni fisiche.
E infine anche la personalità delle vittime di un trauma sembra giocare un ruolo importante. I meccanismi di difesa individuali, i cosiddetti “stili cognitivi”, gli atteggiamenti emozionali di base ecc.
Tra i diversi fattori che concorrono alla creazione della personalità di ognuno di noi dobbiamo distinguerne alcuni di ordine biologico, psicologico e sociale. Ecco perché la psicologia e la psichiatria chiamano tutto questo “modello biopsicosociale”.
Pertanto ogni caso va trattato nella sua complessità e unicità e sono molte le variabili che influenzano l’esito e il percorso terapeutico. Per questo motivo non è possibile quantificare a priori, il tempo necessario per elaborare il trauma.
Ci sono troppi fattori da prendere in considerazione:
- obiettivi condivisi con il paziente
- dal numero degli eventi traumatici da elaborare
- dal tempo di preparazione del paziente
- dalla velocità con cui il cervello elabora