E voi cosa pensereste se vi trovaste nella seguente situazione: vostro figlio in cucina fa cadere a terra la pentola che finisce sul pavimento, sporcando tutto.
È probabile che molte persone di fronte ad un episodio di questo tipo possano provare emozioni diverse o la stessa emozione, ma non con la stessa intensità. Alcuni potranno sentirsi tremendamente arrabbiati, altri leggermente arrabbiati o altri ancora “solo” infastiditi. Ma com’è possibile?
Non pensiamo tutti allo stesso modo!
Di fronte ad un medesimo evento non tutti reagiamo allo stesso modo e non tutti proviamo le stesse emozioni. Secondo la Terapia Relazionale Emotiva Comportamentale non è l’evento (bambino che combina un guaio) a causare l’emozione provata: sono piuttosto i pensieri che il soggetto elabora a determinare il tipo di reazione emotiva e comportamentale.
Facciamo un esempio e prendiamo in considerazione alcuni dei possibili pensieri che possono presentarsi durante la scena sopra descritta.
- Pensiero 1: Non ne posso più, questo bambino è un vero disastro, combina solo guai!
- Pensiero 2: Che pasticcio! Questa cosa mi dà molto fastidio, ma è un bambino e ci può stare che ogni tanto combini guai. Capitava anche a me.
Il primo pensiero, a differenza del secondo, probabilmente ci farà sentire molto arrabbiati e ci porterà a mettere in atto un comportamento poco costruttivo (es. dare una sculacciata, usare etichette che definiscono il bambino e non il comportamento “sei un disastro!”).
Pensieri razionali e irrazionali
Possiamo quindi affermare che alcuni pensieri, più facilmente rispetto ad altri, procurano disagio e talvolta sofferenza. La Terapia Relazionale Emotiva Comportamentale definisce questi pensieri irrazionali, perché:
- Sono assolutistici
- Ostacolano il raggiungimento dei nostri obiettivi
- Provocano reazioni emotive intense e prolungate
- Descrivono gli eventi in modo non realistico.
Che contenuti hanno i pensieri irrazionali?
- PENSIERO ASSOLUTISTICO: è un tipo di pensiero che ci conduce a considerare irrinunciabile ciò che in realtà è “solo” desiderabile e si esprime con termini quali “devo assolutamente”, “ho bisogno”. È come se dicessimo: “per essere felice devo necessariamente ottenere questo”.
Esempi: “certe cose non devono assolutamente succedere!”, “ho bisogno che gli altri mi amino”.
- PENSIERO CATASTROFICO: è un tipo di pensiero che ci porta ad esasperare l’aspetto negativo di un evento.
Esempi: “è orribile non riuscire a farsi ascoltare dai propri figli”, “è tremendo avere un bambino così vivace”.
- INTOLLERANZA, INSOPPORTABILITÀ: è un tipo di pensiero che ci porta a considerare insopportabili eventi di natura obiettivamente spiacevole, denotando una bassa tolleranza alla frustrazione.
Esempio: “non posso tollerare i comportamenti di mio figlio, non ce la faccio!”.
- SVALUTAZIONE GLOBALE DI SÈ O DEGLI ALTRI: è un tipo di pensiero che ci conduce a credere che poiché non siamo riusciti bene in qualcosa allora siamo un fallimento totale.
Esempio: “non sono riuscita a farmi ascoltare, sono un vero disastro come madre”.
La svalutazione può essere rivolta anche a terze persone e, in questo caso, si tende ad estendere un aspetto negativo del comportamento dell’altro a tutta la sua persona.
Esempi: “la mia vicina di casa è una vera chiacchierona, è una persona davvero orribile!”.
- GENERALIZZAZIONE: ci induce a pensare in termini di “sempre”, “mai”, “tutti”, “nessuno”.
Esempio: “nessuno mi ascolta mai”.
Cosa fare?
- Riconoscere la presenza ricorrente di questi pensieri irrazionali negli eventi che ci accadono quotidianamente.
- Attaccarli, confutandoli, dimostrandone la falsità riuscendo così a mettere in dubbio la loro veridicità.
Alcune domande utili: ciò che penso mi fa stare meglio? Ho vissuto un’esperienza che dimostra che il mio pensiero non è sempre completamente vero? Esistono piccoli elementi che contraddicono i miei pensieri, ma che io tralascio perché non li considero importanti?
3. Sostituirli con pensieri più adattivi e costruttivi.
Esempio: il pensiero assolutistico “certe cose non devono assolutamente succedere”, a seguito della messa in discussione, potrebbe diventare: “preferire che certe cose non accadessero…”.
Come dice Mario di Pietro “si tratta di sostituire vecchi percorsi mentali con nuovi percorsi che portano ad emozioni più soddisfacenti e funzionali”.
La messa in atto di questi tre punti è un percorso che richiede tempo ed allenamento!