Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono sostanze psicoattive tutte quelle che, una volta assunte, sono in grado di modificare l’equilibrio psicofisico di un individuo, il suo umore e le sue attività mentali.
Il DSM V raggruppa 10 classi di disturbi correlati a sostanze psicoattive:
- 1) alcool
- 2) caffeina
- 3) cannabis
- 4) allucinogeni
- 5) inalanti
- 6) oppiacei
- 7) sedativi/ipnotici/ansiolitici
- 8) stimolanti
- 9) tabacco
- 10) altre sostanze
Alcune di queste sostanza sono legali, come ad esempio l’alcool, la caffeina e il tabacco.
Altre sostanze sono considerate illegali. Altre ancora vengono utilizzate a scopo terapeutico, come i psicofarmaci, alcuni anestetici e antidolorifici.
Le sostanze psicotrope possono avere 3 funzioni principali:
- Deprimono l’attività mentale (ad esempio l’alcol e oppioidi)
- Eccitano l’attività mentale (ad esempio la cocaina);
- Alterano il livello percettivo (ad esempio la cannabis). L’uso massiccio di questi ultimi possono favorire l’insorgenza di un episodio psicotico.
Definizione di sostanze psicoattive
Secondo l’OMS si definiscono “droghe“, ovvero sostanze stupefacenti tutte quelle sostanze in grado di causare:
- Tolleranza: la capacità dell’organismo di sopportare a dosi gradualmente più elevate la tossicità delle sostanze;
- Assuefazione: il degradare dell’effetto della medesima dose, con conseguente necessità di aumentare la dose per produrre lo stesso effetto;
- Dipendenza: il bisogno di introdurre la sostanza psicoattiva al fine di evitare possibili crisi di astinenza. La dipendenza può essere fisica o psicologica che è ancora peggiore.
Le sostanze psicoattive e il circuito della dipendenza
La dipendenza da sostanze psicoattive può essere considerata una vera e propria malattia, rientra infatti nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM 5).
Le droghe esogene, ossia quelle introdotte artificialmente nell’organismo, si sostituiscono ad alcune sostanze chimiche prodotte normalmente dal nostro organismo. Quest’ultime vengono chiamate sostanze endogene, indispensabili per regolare meccanismi di sopravvivenza come l’alimentazione o la riproduzione.
Invece di attivare il sistema di ricompensa attraverso comportamenti adattivi, le sostanze di abuso attivano direttamente i percorsi di ricompensa, ottenendo nell’immediato il piacere. In questo modo si raggiungono livelli così elevati e intensi di piacere (ad esempio con il consumo di eroina) da rendere tutte le altre attività trascurabili (come il sesso). L’unico desiderio è per la droga.
La diagnostica per immagini di ultima generazione ci ha permesso di scoprire che la cocaina agisce sugli stessi centri nervosi dell’amore, e il cervello impara in fretta ad apprezzare e a preferire questa “scorciatoia”.
Fattori di rischio per lo sviluppo del disturbo da uso di sostanze
Le principali caratteristiche di personalità descritte da Rosenfeld nel 1965 sono:
- La compulsività della ricerca del piacere e l’incapacità di dilazionare il suo soddisfacimento
- L’intolleranza verso il dolore e le frustrazioni
- tendenza maniaco depressiva
Attualmente si nega la presenza di un disturbo di personalità premorboso specifico. Sono tanti i fattori e le variabili che concorrono nel determinare l’insorgenza del disturbo (modello bio-psico-sociale).
Disturbo da uso di sostanze e doppia diagnosi
La ricerca è orientata ad esplorare il complesso rapporto tra disturbi di personalità e dipendenze patologiche. Circa la metà dei pazienti con disturbo di personalità presenta una diagnosi di disturbo da abuso di sostanze.
Per questo motivo è molto comune una doppia diagnosi. La doppia diagnosi è la coesistenza nel medesimo individuo di un disturbo dovuto al consumo di sostanze psicoattive e di un altro disturbo psichiatrico.
La terapia alla ricerca del soggetto nascosto
Spesso il tossicodipendente porta con sé una maschera. La sostanza psicoattiva rappresenta il grande amore a cui il paziente ha donato tutto. Quest’ultimo si è identificato con la sostanza, si conosce solo tramite essa. Senza la sostanza si sente completamente “indifeso” e “spoglio”.
La sostanza è la maschera e il paziente coincide con essa. A questo punto la sostanza non è più solo l’elemento chimico, il tossicodipendente non si ricorda neanche più la funzione che la ricerca della sostanza aveva inizialmente.
Ora la sostanza rappresenta qualcosa di più, rappresenta l’elemento vitale, la propria identità.
La sostanza gradualmente da sintomo si è trasformata in malattia. In questo momento le sostanze psicoattive innescano il circuito della dipendenza. E con essa si attiva una ricerca compulsiva volta a coprire il sintomo originario che è l’angoscia.
Il soggetto nascosto è colui che, cercando attivamente la sostanza in risposta ad una personale dimensione di vuoto e di angoscia, finisce per perdersi e nascondersi dietro a una identità fittizia offerta dalla tossicodipendenza stessa.
L’obiettivo della terapia è quello di ricercare il soggetto nascosto sotto la malattia. Con il fine di rileggere le dinamiche relazionali che hanno condotto il soggetto a perdersi dentro la dipendenza.